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Omaggio ad Antonia Campi, xilografia, Enrico Versari

Dialoghi Antonia Campi a Faenza, Anty Pansera

Dialoghi
Antonia Campi a Faenza

Argillà 2012
Studio Battaglia di Enrico Versari
Via Carlo Cesare Scaletta, 6

Con Faenza, Antonia (Neto) Campi ha una lunga tradizione di conoscenze e incontri nonché di presenze con i suoi lavori: i primi rapporti si devono ad Angelo Biancini che, agli inizi della sua storia professionale alla SCI di Laveno, aveva spesso incrociato.
Biancini che – ben ricorda – le aveva dimostrato grande simpatia e grande interesse per i suoi lavori. Lo scultore faentino nel dopoguerra (pur risiedendo dal 1943 stabilmente a Faenza dove insegnava all’Istituto d’Arte), saltuariamente frequentava infatti ancora il Lago Maggiore e la Società Ceramica. Era stato chiamato ad apertura del Decennio Venti e, di nuovo, a fianco di Guido Andloviz dal 1937 al 1940, il primo a perseguire la strada dell’industrializzazione, il secondo, in solitudine, a continuare a fare lo scultore, a garantire, nel “ritorno all’ordine”, la ceramica libera espressività: le sue raffinate monocromie a far risaltare le plasticità dell’opera.
Ed è proprio Biancini che suggerisce alla Campi di inviare un’opera per la nuova mostra permanente in allestimento al Museo delle ceramiche – dopo che i bombardamenti del 1944 ne avevano quasi completamente distrutta la sede – e contestualmente ne parla al “mitico” direttore, Gaetano Ballardini. Quest’ultimo prenderà contatto con lei, scrivendole per annunciarle che collocherà il suo lavoro tra quelli dei migliori artisti e le più note manifatture di ogni paese “da Sevres a Copenaghen, da Gustavberg a Cincinnati, dalla California…alla Bulgaria: anche Picasso!”.
La Campi decide così, nel 1949, di partecipare anche VIII Concorso nazionale e ottiene il secondo premio ( il primo non fu assegnato) in una sezione dedicata al tema “Trofeo per un centro tavola”: premiata è Fruttiera (“pezzo interessante”, così nella motivazione), in terraglia forte, un materiale non facile da “domare”… e oggi esposto al MIC. Ancora nel 1952, alla X Mostra-concorso nazionale della ceramica, eccola premiata per la “Fantasia creativa e per l’eleganza della invenzione accompagnata ad impareggiabile esecuzione” – alla stessa edizione un premio anche a Lucio Fontana! -, per due vasi da lei presentati. E, ancora, nel giugno-luglio 1953, all’XI Concorso, ecco il premio per due vasi, il C173 e il C8.
Progettista, scultrice, disegnatrice, art director, artista… Neto Campi aveva sempre, in cuor suo, desiderato una messa in scena della sua lunga attività al faentino Museo Internazionale della Ceramica. E nel 2010, a non lunga distanza dall’uscita della monografia/catalogo ragionato sulla sua attività (Antonia Campi Creatività, forma e funzione Catalogo ragionato, 2008, a cura di chi scrive) e in occasione del rientro in Italia del grande fregio ceramico, Landscape, realizzato nel 1951 per la IX Triennale di Milano e collocato in cima allo scalone d’onore sotto il ricciolo luminoso progettato da Lucio Fontana, si inaugura Antonia Campi. Fantasie di serie, fantasie d’eccellenza (a cura di J. Bentini, A. Pansera, Mt. Chirico). L’esposizione faentina elegge proprio a protagonista lo straordinario pannello in ceramica smaltata, un “paesaggio planetario ” (così come lo definisce la stessa Campi).
Ed eccola così tornata a Faenza ad intrecciare nuovi rapporti: innanzitutto per la realizzazione del Tapun un presse-papier in porcellana di Limoges, realizzato come gadget in occasione proprio della sua retrospettiva al MIC: affidato alle sapienti “cure” di Elisabetta Bovina è stato in quell’occasione – e in copie limitate – decorato da Mirta Morigi con smalti colorati e, a riflesso metallico, da Ivana e Saura Vignoli, oltre che da Elica (ovvero ELIsabetta Bovina e CArlo Pastore), che, utilizzando ingobbi colorati, lo ha finito con ragnatele barocche e spiritosi insetti d’invenzione. A seguire, una collaborazione che ha visto la Campi disegnare Le Cretine, che ne ha anche modellato i prototipi. Tazzine con piattino che fungono anche da portauovo, in raffinata porcellana australiana, caratterizzate per la decorazione di Elica: articolate e grafiche soluzioni all’insegna del colore e del divertissement. In via d’uscita una collezione di piatti disegnati da Elica che saranno decorati con alcuni schizzi di progetto della Campi, le sue mitiche forbici/trinciapollo e sanitari, ambito nel quale, ancora oggi, Campi rimane ineguagliata.
Sempre nella città manfreda, e grazie al link creato dai comuni amici Rita Rava e Claudio Piersanti (che avevano curato anche l’allestimento al MIC), è nato il sodalizio con la faentina Antonella Ravagli: “Antò” – l’inizio dei loro due nomi propri – la sigla a firma dei loro pezzi a quattro mani. Prestigioso il loro primo lavoro, un pannello di ben tre metri per cinque progettato su invito della Presidenza del Consiglio in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Realizzato utilizzando le tecnologie innovative sperimentate da tempo dalla Ravagli, è stato selezionato poi per essere inserito nel romano Palazzo di Montecitorio. Una serie di “isole galleggianti” sovrapposte – una precisa scelta iconografica -, sottolineano non solo la stratificazione temporale della costruzione/costituzione, nel tempo, della nostra Nazione, ma tendono anche a far riflettere sull’attualità di una “società liquida”, senza confini rigidi, come Zygmunt Bauman ha ampiamente teorizzato: nel mondo globalizzato i limiti territoriali diventano sempre più labili e l’identità di uno stato si apre alle contaminazioni di popoli, di culture, di abitudini, di religioni, di costumi diversi.
Numerosi poi altri pezzi, unici o di piccolissima serie, stanno “venendo alla luce” nel laboratorio al Mulino dell’Isola a Faenza. Il repertorio è vario, dagli svettanti “totem” appositamente pensati per la retrospettiva (a Palazzo Sertoli di Sondrio) che la città natale di Campi dedicherà il prossimo ottobre alla concittadina (già lo scorso anno insignita del prestigioso premio Compasso d’Oro alla carriera) ai “libri”, sorta di multipli espressamente ideati da Campi per raccogliere le lettere intagliate di Ravagli; dai medaglioni pezzi unici proposti in diverse altezze e assemblati dalla designer come si trattasse di uno spartito musicale ai quadri di piccole dimensioni che sposano le cornici della ceramista faentina ai collage tessili o materici di Neto. Il laboratorio del Mulino, infatti, si contraddistingue per la presenza sempre più attiva della Campi che non solo è un supporto irrefrenabile di idee e di esperienza, ma è anche parte attiva nella realizzazione delle opere come dimostrano le numerose foto che documentano questa fruttuosa collaborazione.
A Sestri Levante, quasi in contemporanea, è iniziato il “dialogo” con Alfredo Gioventù e Daniela Mangini nel loro Atelier ceramico: rivisitati, in riflessioni comuni, e nell’ottica dei particolari materiali e tecnologie produttive dell’Opificio ligure, alcuni pezzi storici di Neto
e stanno iniziando anche altri percorsi comuni: minimo comun denominatore la “natura” da sempre sottesa al fare di tutti e tre gli artisti/ceramisti.
Ed eccoci a questa Argillà 2012: e alla messa in scena di questi “dialoghi” di Antonia Campi nello studio di un altro amico (il link questa volta creato da chi scrive ma anche dall’amabilissimo Danilo Sartoni, “storico” collezionista di Neto), di Enrico Versari (nel già atelier del maestro Domenico Matteucci). Figura eclettica, straordinario pittore e disegnatore (ecco cosa l’accomuna alla Campi, che per lui ha preparato un particolare “segno” d’occasione) ma non solo: Enrico è anche progettista di “strumenti musicali” in ceramica, grandi vasi “da suonare” dal design metafisico, che riemergono da tradizioni lontane, mediorientali e/o africane. E ai quali proprio Enrico, con Gian Luca Babini, ha dato voce, lo scorso novembre, con uno straordinario concerto, per il novantesimo compleanno di Antonia Campi.
Strumenti musicali ceramici che di nuovo risuoneranno, in questo faentino inizio di settembre….in onore di Neto ma anche di tutti i suoi amici: ceramisti e non solo!
Anty Pansera

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